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Soundtrack: l’amore stupisce/Ascanio Celestini 

 

Interno notte: discoteca.

La luce, lama colorata, seziona chiaroscuri di facce troppo teatrali, flasha a intermittenze regolari per scandagliare espressioni e sguardi, sorprende, appiattisce. Alla rinfusa pezzi umani si schiacciano su un unico piano, coesistono senza contraddizione come les Demoiselles d’Avignon: di faccia, di profilo, scomposte, orecchie labbra braccia gambe. Tutt’uno  tutto insieme: un’orgia da macello che ritrova la sua continuità attraverso il movimento del mio corpo, dei miei occhi. Il mio corpo sudato è con loro, intero e spezzato dallo stesso visionario momento scenico. Non serve dirsi troppo, le parole, poche, si arrampicano su suoni elettronici e slogan ossessivi.

Una mano mi prende per la vita e mi tira a se:

 

          ciaocomestai? –

          benegrazie e tu? –

          bene. –

          ti ho visto gironzolare, sei a caccia? –

          no, cercavo un amico –

          vieni, mi fumo una sigaretta –

          …  in realtà stavo cercando te –

          ….

 

L’ho guardato, incuriosito come fanno i cuccioli di cane quando non conoscono qualche cosa, inclinando la testa e osservando l’oggetto alieno, fissandolo muto. Ho sorriso e ho scelto.

In quel preciso momento mi sono reso conto che potevo credergli o no, avrei potuto stare li a capire che natura avesse il suo interesse e perché, oppure bruciare tutto con la fiamma ossidrica di una battuta salace. Ho scelto di non credergli, prima l’ho innalzato sul piedistallo del latin lover e poi ho infiammato quattro parole in fila per appiccare il fuoco della base e nutrire il mio narcisismo dei pezzi della carne che fondeva al fuoco.

Avrei potuto credergli e farmi colare addosso le parole come miele. Avrei potuto innamorare l’immagine del principe azzurro e scagliarlo in un avvenire lontanissimo, prenderlo per mano e “rincorrerci”, affannando, in un futuro senza dimensione e senza tempo.

Avrei potuto se fosse stato Lui, se fosse stato il momento, se il desiderio avesse dettato, se il bisogno e la mancanza avessero contribuito a scattare la fotografia di una scenetta familiare. Avrei potuto se fossi fatto ancora  di creta umida, da impastare e modellare. Avrei potuto, ma ora mi piace camminare a passi lenti.

 

È che intorno a me innamorati scontenti continuano a tenersi la mano e proseguono a volere quella di chi hanno immaginato, pensando sia lo stesso palmo, pensando che un giorno, alla data X, si compirà il miracolo e Biancaneve si sveglierà con un bacio, e Cenerentola riceverà dal principe la scarpa gemella. Ma allora perché ho a che fare con Cenerentole che vogliono calzare mele e delle Biancaneve che  hanno a che fare con scarpette troppo strette?

Queste eroine continuano a raccontarmi lucidissime analisi dei fatti per poi disinnescarli e partire con la filippica del vorrei che fosse, del sarebbe bello che, del credo che lui/lei pensi che.

Per quale motivo si nega volontariamente ciò che è reale?

Di quale natura è fatto l’amore per ottundere definitivamente la capacità d’osservazione della persona “amata”?

Per quanta lucida capacità d’osservazione si ha, come si fa a ridimensionare ciò che fin dapprincipio contribuisce ad innescare il fuoco dell’ammore?

Chi si ama prima, l’immagine o l’uomo?

Chi nasce prima, insomma, l’uovo o la gallina?