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Soundtrack: Short Dick Man/ Fingers

 

È da tempo oramai che ho superato lo choc dei maschi con le sopracciglia ad ali di gabbiano: non me li fidanzerei, ma gli chiederei tra lenzuola: perché lo fai, disperato ragazzo mio?

 

Anni che combatto contro la femminea trasfigurazione di ragazzetti imberbi, che dopo l’imprinting avuto col primo video di madonna, folgorati, si muovono come se fossero paesanotte rockstar.

Me ne sono fatto una ragione, contemplandoli nel variegato panorama umano.

 

Non rispondo, disgustato, a chi parla al femminile, trasformando tutte le parole con una O finale in A, fosse anche quaderno. Ma se fatto con dosata ironia, posso anche dare stitici cenni di ascolto.

 

Tollero chi con il passare degli anni diventa il biografo non ufficiale della sua “divina” preferita e trasforma la propria casa in un altarino devoto, sentendosi illuminato e progressista. Posso andarci a cena, se invitato, mangio velocemente e rifuggo lo show finale dove bisogna mostrarsi adoranti verso gadget, canzoni, registrazioni video e, per chicca di chiusura, meticolosissima imitazione con travestimento.

 

Capisco, ripugnato, chi tutte le sere esce con l’amichetta del cuore, facendola passare come la propria fidanzata agli occhi degli astanti attoniti, sbatacchiandola però a destra e a manca in tutti i locali froci della città. L’occhio della società avvolte è crudele e se si hanno dei ribes al posto dei coglioni questa può essere una soluzione. Io per loro avrei decretato la rupe tarpea, infondo sempre storpi sono, ma tant’è!

 

Tollero a fatica chi è iscritto a tutti social network gay della rete, dichiarandosi dedito solo all’amore e coltivando, sotto agli occhi, borse di varia misura per tutte le notti passate davanti ad una webcam. Li tollero fino a che la recita non vacilla, fino a quando con isteriche invettive scagliano il loro moralismo cattolico contro la promiscuità del mondo gay; fino a quel momento sono fintamente accondiscendente, poi li accartoccio, stufo, come cartastraccia.

 

Ma dopo anni di sforzi e di psicanalisi proprio non mi posso rassegnare al genere maschio PASSIVO.

 

Lo so, l’immagine che ti si è formata davanti agli occhi è una precisa posizione del Kamasutra che ha un vezzeggiativo animalesco, o da gioco di carte: ZOZZONE/A!

Ora, prendi questa immagine ed usala nella tua vita privata, aggiustati la patta, massaggia i capezzoli inturgiditi e seguimi attentamente.

 

Il genere “maschio passivo”, che di seguito chiameremo MAMMOLA, è colui il quale usa strade secondarie per arrivare, ad altre strade limitrofe che si approssimano, lontanamente, nel tuo raggio d’azione. La mammola, in questo incedere lento e digressivo, si perde nei meandri dei suoi pensieri, nei labirinti delle sue aspirazioni, nell’avvicendarsi dei suoi bisogni primitivi, confondendoti con il puerile BIG JIM che s’è fatto in testa! La mammoletta del cazzo, non ti guarda mai dritto negli occhi, hai visto mai che sia troppo esplicita, ma fa cerbiatti sguardini di sottecchi perché ha principesco sentire.

La stramaledetta, quando finalmente ti fai carico della situazione e supponi che “forse è timido” e lo accogli nelle tue chiacchiere, vuole farsi corteggiare, si impreziosisce, si ritrae, vuole essere inseguita; per cui fa teatrali coreografie nell’aere per farsi acchiappare pur ritraendosi ancora e ancora.

 

Pur non facendomi abbindolare manco lontanamente da codesto genere-degenere di maschio mi chiedo ma i coglioni, a questi, a cosa gli servono?

 

Il desiderio, la scelta, il prendere una posizione che sia autentica, originale, personale in quale darkroom l’hanno dimenticata?

 

La loro consapevolezza di essere uomo complesso, raziocinante, per quale sitcom l’hanno barattata?

 

Ma i maschi, quelli che “puzzano” esistono ancora?

 

Io ne prenoto uno